Alexandra su Via Nettunense e la strada sterrata

“Te so’ debitore della storiella promessa con Alexandra e siccome nun vojo buffi oltre quelli che già c’ho, famo che te la racconto.
Me ritrovavo sul solito tratto de Via Nettunense, stranamente ad un orario anticipato… Credo fossero tipo le 23. In zona quello è un ottimo orario per farsi la ronda, c’è un po’ tutto il vasto assortimento, devi solo beccare il momento giusto e puoi andare sicuro che ti scopi ciò che preferisci. Quindi girovagavo felice e sorridente tra i vari modelli di meretricio proposti, me sentivo un po’ come l’ex ragazza mia quando la portavo da Mondo Convenienza che avevo preso la tredicesima.
Dopo avè preso un po’ pe’l culo, simpaticamente, le negrette a Villa Claudia (a spò, ce n’era una che c’aveva dei baffoni e dei ricci che pareva er marito dei Jefferson), qualche metro dopo me lascio abbagliare dalla lunghezza delle gambe di questa simpatica moretta balcanica. Se avvicina al finestrino, sorride, e scopro piacevolmente che c’aveva un grosso problema ai due denti davanti, erano tipo marroncini, parevano denti fatti de legno venghé, co’ le striature. Io, che sui difetti dentali c’ho preso ‘na laurea honoris cazzo, e più ce l’hanno strani e più me sale er maiale, decido che me la carico, anche se non ottenendo la scopata a smorza, sarò costretto ad accontentamme de ‘na pecorina. Considerando quelle gambe lunghissime, direi che ce se poteva sta.
Alexandra me porta in una delle tante stradine buie lì vicino. Me dice “fermate dove te pare”. Si perché non so se lo sai, ma sulla Nettunense è usanza comune di scopare proprio dove capita: nun serve appartasse, nun serve nascondese: tira er dado e accosta, andrà bene anche lì. Sta stradina sterrata era piccoletta, ma nun c’era il cosiddetto “posto appartato”, ho semplicemente accostato leggermente di lato la macchina e… stop. Si scopa, perché “tanto su sta via nun passa mai nessuno”.
Premetto che Alexandra, in confidenza, mi aveva detto “sei pure fortunato, oggi sei il primo perché ho iniziato tardi lavoro!”. Non capivo pienamente il concetto, ma vabbè, pijamose sto presunto colpo de culo, e inizia a succhiamme sto moscione. Quando me la comincio a scopà Spò, st’esclusiva del “primo della sera” se rivela per la fregatura che era: stretta, ruvida e secca; così cerco de faje piano, n’so mica n’animale, ma nel contempo la vietta sterrata pare diventata Via del Corso, con sfanalate varie che arrivavano da tutte le direzioni: “aho, meno male che nun passava nessuno”.
Faccio appena in tempo a inseminare il gommone alla fragola che una luce abbagliante dall’alto punta dentro alla macchina mia. Er primo pensiero è stato subito: “Dio canajia, m’hanno parato”. Giro l’occhi e me sposto nella posizione de guida e, per fortuna, nel buio e nella concitazione non m’ero reso conto che m’ero fermato proprio de fronte a un cancello, e sto poro cristo usciva da casa cor furgone popo in quel momento. Me guardo er proprietario der terreno dar finestrino semi aperto (faceva callo, vojo dì) e pure co’ ‘na certa spocchia, senza fretta, me rivesto e riaccompagno Alexandra, ragazzetta simpatica dai denti alterni, ma complessivamente lontana dal far breccia nel mio cuore di mignottaro.”

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